Il 14 marzo 2023 è stata approvata la direttiva sulle case green da parte del Parlamento Europeo.
A fronte di 343 voti favorevoli, 216 contrari e 78 astenuti, la proposta – di cui avevamo già parlato nel nostro articolo obbligo di ristrutturazione per classi energetiche basse – è passata.
Tale direttiva prevede che, entro l’anno 2030, tutti gli immobili arrivino ad avere la classe energetica E.
Per il momento, va detto, non si tratta ancora di nulla di definitivo. Infatti, da questo momento deve attivarsi tutta la fase di negoziazione tra Commissione, Parlamento Europeo e governi. Prima che il testo venga trascritto nero su bianco, è molto probabile che bisognerà attendere il mese di luglio di quest’anno. Prima che la direttiva diventi davvero operativa, potremmo arrivare anche al 2025.
Ma qual è lo scopo di questa proposta appena approvata? Si punta alla ristrutturazione di tutti gli immobili, pubblici e privati, in un’ottica di sostenibilità e salvaguardia dell’ambiente.
In particolare, come dicevamo, entro il primo gennaio del 2030 tutti gli immobili residenziali dovranno rientrare nella classe energetica E. Dopo tre anni (2033), sarà richiesta la classe D e, per finire, entro il 2050 si prevede di arrivare proprio a zero emissioni.
Tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero già a partire dal 2028.
Per quelli di proprietà oppure gestione pubblica sono previste tempistiche ancora più ristrette.
Indice degli argomenti
La situazione in Italia
Recenti studi condotti in tutta l’Unione Europea hanno dimostrato che gli immobili sono responsabili di almeno un terzo delle emissioni nocive ad effetto serra.
Purtroppo, in Italia ci sono ancora tantissimi edifici vecchi, e circa il 74% degli immobili ha una classe inferiore alla D. Il 60% ce l’ha addirittura inferiore alla E.
Ma come si può pensare, in così pochi anni, di riuscire a risistemare tutto il parco immobiliare italiano, se non a fronte di spese davvero troppo ingenti per i cittadini?
E’ vero che i lavori porterebbero a risparmi sulle bollette molto consistenti, anche nell’ordine di qualche migliaio di euro all’anno per ogni famiglia. Ma i costi di ristrutturazione pesano e, senza adeguati incentivi, nessuno si accollerebbe (ammesso che possa permetterselo) decine e decine di migliaia di euro di spesa.
La reazione alla direttiva sulle case green del governo Meloni in Italia
L’esecutivo, guidato da Giorgia Meloni, unitamente ad Ance e Confedilizia, ha sottolineato che si tratta di obiettivi troppo difficili da raggiungere in così poco tempo. Senza adeguati fondi europei e con una forza lavoro limitata, sostenere questa maxi opera di efficientamento energetico sembra una missione impossibile.
Ecco perché il Governo italiano pare disposto ad opporsi duramente al Consiglio europeo. Dal momento che risulta necessaria una maggioranza qualificata (55%) per raggiungere l’approvazione della direttiva case green, l’Italia è pronta a dare battaglia.
Tra l’altro, nel nostro Paese è appena stato ridimensionato il cosiddetto Superbonus, che è passato dal 110% al 90%. Inoltre, sono state tolte le possibilità di cessione del credito e dello sconto in fattura.
Pertanto, oggi come oggi, cosa avrebbero a disposizione i cittadini italiani se volessero adeguare le proprie abitazioni in base alle nuove direttive?
Ci sono ancora, oltre al Superbonus, anche il bonus ristrutturazione del 50%, l’ecobonus e il sismabonus. Tutti incentivi sicuramente utili e vantaggiosi, ma possono bastare?
Il governo Meloni si è impegnato a risolvere il nodo dei crediti che risultano incagliati a livello bancario, cosa che sta bloccando migliaia di cantieri sparsi in tutta Italia. Si tratta, principalmente, di cantieri finanziati grazie al Superbonus.
Intanto, l’esecutivo sta anche studiando nuovi incentivi che possano eventualmente coprire questo “obbligo di ristrutturazione” che la nuova direttiva sulle case green ci prospetta.
Non tirare a indovinare
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Il parere dell'Ance
econdo l’Associazione Nazionale Costruttori Edili (Ance) è necessario individuare, in mezzo alle cose che non hanno funzionato benissimo (burocrazia, prezzi gonfiati), tutti gli aspetti positivi del Superbonus. Partendo da questi, l’Ance suggerisce, ad esempio, di rimodulare la percentuale di incentivo, che non sarà più del 110%, in funzione degli obiettivi di sostenibilità che si raggiunge.
Inoltre, sempre l’Ance propone anche di ripristinare la cessione del credito, ragionando su agevolazioni che possano variare a seconda del reddito dei beneficiari.
Per evitare di sprecare le rate di detrazione, si potrebbe consentire ai beneficiari di rendere la detrazione un credito d’imposta da utilizzare per pagare l’IMU (tramite F24). Oppure, eventuali rate inutilizzate potrebbero essere sfruttate negli anni a seguire.
Non rimane che seguire i prossimi sviluppi.
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