Plusvalenza immobiliare: cos’è e come funziona la plusvalenza nella vendita dell’immobile

La plusvalenza immobiliare è il guadagno che si ottiene rivendendo un immobile a un prezzo più alto prima dei 5 anni dall’acquisto dello stesso.

Il Fisco tassa la plusvalenza sulla vendita dell’immobile, in quanto la considera un reddito diverso. È bene sottolineare, tuttavia, che non tutti i guadagni ottenuti dalla vendita di una casa sono soggetti a questa tassazione. In particolare, non genera plusvalenza la cessione gratuita o la vendita dell’immobile ereditato.

Affinché si verifichi la plusvalenza degli immobili, infatti, è necessario: che la casa venga venduta prima dei 5 anni dall’acquisto, che non sia ceduta a titolo gratuito e che non venga usata come abitazione principale (dal cedente o dai suoi familiari) per la maggior parte del tempo trascorso tra l’acquisto e la cessione.

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Indice degli argomenti

Plusvalenza e cessione dell’immobile

Come anticipato sopra, il sistema tributario italiano prevede la tassazione della plusvalenza da cessione di immobile solo nei casi in cui questa risulti essere un’operazione speculativa, cioè finalizzata all’arricchimento del soggetto cedente.

La plusvalenza immobiliare, infatti, viene tassata in quanto rientra tra i redditi diversi. Ma cosa significa?

Per redditi diversi si intendono quelli che non rientrano:

  • nell’esercizio di arti o professioni;
  • nell’esercizio dell’impresa commerciale.

La plusvalenza sulla cessione dell’immobile, dunque, non si applica nel caso di Enti Commerciali, in quanto in questo caso il guadagno per la vendita dell’immobile rientra nel reddito d’impresa.

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Quando si paga la plusvalenza sulla vendita dell’immobile?

La plusvalenza sulla vendita dell’immobile deve essere corrisposta da tutti i soggetti che effettuano una vendita immobiliare a scopo speculativo. Per essere considerata speculativa la vendita della casa deve avvenire prima dei 5 anni dall’acquisto dello stesso e non deve riguardare una casa ottenuta per successione ereditaria.

 Ricapitolando, sono esclusi dalla tassazione sulla plusvalenza immobiliare le seguenti categorie:

  • Enti commerciali;
  • Soggetti che cedono l’immobile a titolo gratuito;
  • Soggetti che vendono un immobile ricevuto in eredità;
  • Soggetti che hanno acquistato l’immobile e lo rivendono dopo 5 anni;
  • Soggetti che hanno acquistato un immobile con il bonus prima casa e lo hanno utilizzato come abitazione principale per la maggior parte del tempo.

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Plusvalenza prima e seconda casa

Se si decide di vendere la prima casa, la tassa sulla plusvalenza deve essere corrisposta solo nel caso in cui:

  1. la vendita avvenga prima dei 5 anni;
  2. l’unità immobiliare urbana non sia state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto (o la costruzione) e la cessione.

Invece, per quanto riguarda gli immobili non adibiti ad abitazione principale, è possibile che la plusvalenza rientri tra le tasse per la vendita della seconda casa. Vediamo quando.

La plusvalenza sulla seconda casa viene applicata quando l’immobile viene venduto a un prezzo maggiore di quello d’acquisto prima che siano passati 5 anni dalla stipula del rogito. In questi casi viene effettuata una tassazione sulla plusvalenza immobiliare pari al 26% dell’imposta sostitutiva. Si tratta di un regime agevolato che deve essere espressamente richiesto al Notaio all’atto della cessione, in mancanza del quale si applicherà la tassazione per scaglioni IRPEF.

Per approfondire leggi pure: Sistemare la casa per la vendita è una buona idea

Calcolo plusvalenza: la tassazione delle plusvalenze immobiliari

Il calcolo per le tasse sulla plusvalenza per la vendita degli immobili avviene applicando un’imposta sostitutiva del 26%, conteggiata sulla differenza tra il corrispettivo incassato e il costo di acquisizione dell’immobile.

Quest’ultimo deve essere aumentato dei costi inerenti sostenuti dall’acquirente come: spese per il mutuo, interessi, costi notarili, imposte catastali, ipotecari, di registro, eventuali polizze assicurative obbligatorie, ecc…

Anche le spese sostenute per la ristrutturazione, se registrate regolarmente, possono essere sottratte dal calcolo della plusvalenza. 

Per pagare ci sono due possibili scelte:

  • è possibile chiedere, in fase di rogito, di applicare l’imposta sostitutiva sugli immobili del 26% che va corrisposta contemporaneamente alla firma del rogito, incaricando il notaio di pagarla una volta che l’atto viene registrato per via telematica;
  • tramite tassazione ordinaria: si può calcolare la plusvalenza e inserirla sotto la voce “altri redditi” nella dichiarazione dei redditi, per poi pagare la relativa aliquota IRPEF di riferimento.

Quest’ultima modalità spesso è la scelta meno conveniente, dal momento che l’Imposta IRPEF parte dal 23% sull’intero importo per gli scaglioni di reddito fino a 15000 euro e può arrivare fino al 43% per i redditi superiori a 75000 euro.

Di seguito una tabella con le aliquote IRPEF attualmente in vigore da utilizzare per il calcolo della tassazione sulla plusvalenza degli immobili.


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Scaglioni Aliquota Imposta
fino a 15.000 euro 23% 23% del reddito
da 15.001 fino a 28.000 euro 27% 3.450,00 + 27% sul reddito che supera i 15.000 euro
da 28.001fino a 55.000 euro 38% 6.960,00+ 38% sul reddito che supera i 28.000 euro
da 55.001 fino a 75.000 euro 41% 17.220,00+ 41% sul reddito che supera i 55.000 euro
oltre 75.000 euro 43% 25.420,00+ 43% sul reddito che supera i 75.000 euro

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