Hai deciso di cambiare casa e vorresti affittare quella che lascerai? Oppure hai ereditato un immobile e vorresti ricavarne una rendita mensile, per l’appunto affittandolo? Le motivazioni possono essere molteplici, tutte senza dubbio valide e animate da buoni propositi, ma l’importante è fare le cose per bene: ecco, quindi, una piccola e utile guida su quelle che sono le regole da seguire e cosa serve per affittare una casa.
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Le certificazioni obbligatorie per affittare casa
Per prima cosa, quando si decide di mettere in affitto un immobile, è necessario che questo si presenti nel miglior modo possibile. Pertanto, sarebbe sempre bene pulirlo e, preferibilmente, anche imbiancarlo: farà subito una buona impressione a chi lo vedrà e, sicuramente, questo potrà influire positivamente anche in fase di trattativa in merito all’ammontare del canone mensile.
Fatta questa premessa, bisogna poi sincerarsi che eventuali elettrodomestici, se si pensa di includerli nella proposta di affitto, siano in buone condizioni e funzionanti.
Altro aspetto fondamentale, è che gli impianti siano in regola rispetto alle normative in corso, quindi sarebbe preferibile disporre di tutte le certificazioni in tal senso.
Tra i documenti per affittare una casa è molto importante l’Attestato di Prestazione Energetica (detto APE): deve essere redatto da un certificatore abilitato e indipendente, il quale deve attestare la prestazione energetica dell’immobile. Il certificatore energetico di solito è un tecnico abilitato alla progettazione di edifici e impianti, come può essere ad esempio un architetto, un ingegnere o un geometra: si tratta di un ruolo che riveste una certa importanza a livello di responsabilità civile e penale. La definizione della classe energetica è estremamente rilevante, infatti migliore sarà la classe energetica riconosciuta, maggiore potrà essere il canone di locazione richiesto.
Anche quando si affitta una singola unità immobiliare, e non un intero edificio, è comunque obbligatorio compilare l’APE: esso dovrà essere mostrato dal proprietario (locatore) in fase di contrattazione e dovrà poi essere consegnato all’affittuario (locatario) al momento della registrazione del contratto. La mancata osservanza di questa normativa può generare sanzioni anche importanti. E’ bene ricordare che l’APE ha, di fatto, sostituito quello che un tempo si chiamava ACE (Attestato di Certificazione Energetica).
Infine, prima di mettere in affitto una casa, è opportuno sincerarsi che su di essa non gravino ipoteche, pignoramenti o cartelle Equitalia.
Come mettere in affitto una casa?
Prima di procedere con la descrizione di tutti i documenti necessari per procedere con la stipula del contratto di locazione, vogliamo soffermarci un attimo su quelle che sono le modalità da seguire per poter mettere in affitto una casa.
E’ chiaro che, così come avviene quando si intende vendere un immobile, si può decidere di fare tutto da soli, affidandosi al passaparola, ad un semplice cartello “Affittasi” posto sotto l’abitazione e, soprattutto, ad eventuali inserzioni sui canali internet preposti, oppure si può preferire la collaborazione con aziende specializzate in questo specifico settore immobiliare. Come sempre, si tratta di scelte soggettive ed ognuna di esse può presentare i propri vantaggi.
Se si decide di fare da sé, affidandosi soprattutto al web, chiaramente si può risparmiare qualcosa, ma bisogna essere in grado di strutturare un annuncio valido, ben scritto, che sappia catturare l’attenzione e distinguersi tra mille altre inserzioni probabilmente analoghe, e che sia corredato da immagini di qualità. Inoltre, occorre essere perfettamente informati circa tutti i passaggi necessari per quanto riguarda la registrazione e il rispetto di tutte le normative, per non commettere errori ed incappare anche nel rischio di sanzioni.
Se, al contrario, si preferisce affidare l’intero processo a dei professionisti, allora bisogna scegliere con cura la società più in linea con le proprie esigenze, che potrà poi accollarsi molte delle incombenze burocratiche ed economiche, oltre ad attivarsi per la ricerca di persone interessate alla locazione. Va da sé che, in cambio di questi servizi, bisogna mettere in conto il pagamento di un certo compenso.
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Quali documenti devono esibire il proprietario e l’affittuario?
Affittare casa implica delle regole ben precise che devono essere seguite scrupolosamente, come abbiamo già detto. E’ importante, prima di procedere con la stipula del contratto, che entrambe le parti dispongano di tutti i documenti necessari.
Vediamo, innanzitutto, quali sono i documenti che deve avere pronti il locatore, vale a dire il proprietario dell’immobile:
- Documento di identità, chiaramente non scaduto
- Codice fiscale
- Piantina dell’immobile
- Copia dell’atto di acquisto o visura catastale
- Attestato energetico (APE)
D’altro canto, invece, al locatario (inquilino) viene richiesto di esibire i seguenti documenti:
- Documento di identità, anche in questo caso ovviamente valido, oltre a quello di eventuali conviventi
- Codice fiscale proprio e dei conviventi
- Le ultime due buste paga o il CU (Certificazione Unica, un tempo si chiamava CUD), se si tratta di lavoratore dipendente, oppure l’ultimo modello Unico o visura camerale, se si tratta di lavoratore autonomo.
La fideiussione bancaria e assicurativa per affitto
Un breve cenno a parte merita il discorso della fidejussione: può capitare, infatti, che il proprietario dell’immobile chieda al locatario la fidejussione per affitto. In pratica, per tutelarsi e procedere con la massima serenità, molto importante soprattutto in tempi un po’ critici come quelli attuali, il locatore può farsi versare una somma a titolo di garanzia, una sorta di cauzione sul pagamento dei canoni futuri. Tutta la procedura è ben regolamentata dal Codice Civile, cui è bene far riferimento per ogni approfondimento.
In sintesi, comunque, possiamo dire che la fideiussione per affitto può essere bancaria oppure assicurativa. Nel primo caso il fideiussore è un istituto di credito, vale a dire una banca, che si pone come garante dell’adempimento degli obblighi di pagamento da parte dell’inquilino. Nel secondo caso, tale ruolo è rivestito da una compagnia assicurativa.
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La registrazione del contratto di affitto
Dopo aver firmato il contratto, il proprietario deve procedere con la registrazione dello stesso presso l’Agenzia delle Entrate: ci sono 30 giorni di tempo per farlo.
Anche in questa circostanza, è opportuno avere tutti i documenti necessari già pronti, vale a dire:
- due copie del contratto firmato dai due contraenti, entrambe in originale
- il modello RLI 2020 debitamente compilato: sostituisce, in pratica, il vecchio modello 69, è comunque disponibile online ed è scaricabile gratuitamente dal sito dell’Agenzia delle Entrate
- la ricevuta del pagamento dell’imposta di registro
- le marche da bollo da 16 euro apposte ogni due pagine (quattro facciate) del contratto o, comunque, ogni 100 righe
L’imposta di registro corrisponde al 2% del canone annuo moltiplicato per il numero delle annualità stabilite dal contratto e deve essere corrisposta suddivisa tra locatore e locatario.
Per saperne di più: quanto costa registrare un contratto di affitto?
Le tasse sull’affitto della casa
Vediamo, ora, di riepilogare quali sono le tasse previste sull’affitto di un’abitazione, così da avere un’idea più completa di cosa serve per affittare una casa e a cosa si va incontro.
Oltre alle spese di cui abbiamo parlato poc’anzi, bisogna considerare, tra le tasse annuali, la cosiddetta imposta sui canoni di locazione.
Sono da considerare, infatti, come dei veri e propri redditi e, come tali, devono essere dichiarati all’Agenzia delle Entrate. Vengono, di conseguenza, tassati e si hanno due alternative tra cui scegliere: si può optare per il regime fiscale ordinario oppure prediligere quella che si chiama “cedolare secca”.
Nel primo caso, i canoni di locazione vengono considerati come dei redditi fondiari e quindi tassati come tali ai fini Irpef.
Nel secondo caso, invece, si applica in realtà un’imposta sostitutiva all’Irpef, alle addizionali e alle imposte di registro e di bollo. Si va, in pratica, ad applicare una percentuale fissa, pari al 21% se si tratta di contratto a canone libero (4+4 anni) e al 10% se si tratta di contratto a canone concordato 3+2 anni rinnovabili). La scelta del regime di cedolare secca deve essere effettuata al momento della registrazione del contratto, compilando l’apposito riquadro presente sul modello RLI sopra citato.
In caso di inquilini morosi, cioè che non pagano, la legge viene in aiuto del locatore e gli consente almeno di non versare più tasse del dovuto, dandogli facoltà di interrompere il versamento (previa verifica, ovviamente) e solo quando si tratta di un immobile locato ad uso abitativo.
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